Cognitivismo vs. condizionamento: dove sta la verità?
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Silvia Nitrato Izzo
Marzo 6, 2015
E’ uno degli argomenti più discussi degli ultimi tempi in ambito cinofilo. Capace di alimentare guerre di religione infinite. Perché? Perché un bel giorno qualcuno si è svegliato e ha deciso che la cinofilia doveva iniziare ad andare di moda. Proprio come i cuochi, che ora si chiamano chef e stanno in tv. Così gli addestratori ora si chiamano educatori e anche loro ora stanno in tv. Anzi no, gli addestratori no. Quelli che vedete nei programmi e che si chiamano educatori nel 90% dei casi lo sono diventati da davvero poco, poco tempo. Quasi improvvisati, buttiamola lì. E però si concedono il lusso di condurre intere trasmissioni rivolte all’intero popolo italiano, impartendo lezioni di cinofilia a destra e a manca e (sempre nel 90% dei casi) cercando in tutti i modi di demolire l’intera scuola cinofila precedente a vantaggio delle loro “nuove teorie”, le quali, quando gli va bene, non sono affatto nuove ma antichissimi concetti che si sono solo sforzati di rimettere in bella con altre parole; quando gli dice male, invece, trattasi di strampalate filosofie new age destinate, ahimè, in buona parte al fallimento.
Sono stata un po’ cattiva? Forse si, lo ammetto. Anche perché non è vero che le nuove leve della cinofilia alternativa siano tutte così. Purtroppo, però, non posso non vedere che ce ne è una grandissima quantità, di questi nuovi professionisti, che ti ci porta proprio ad essere un po’ cattivello. Ma sempre e solo per autodifesa. Oh, alla fine bisognerà pur difendersi da questi continui ed efferati attacchi che ripetutamente riceviamo. E siccome nella maggior parte dei casi si tratta di cattiva informazione, faziosità, ignoranza e tanta matanta presunzione, per un po’ uno riesce pure a sopportare e stare zitto ma poi, a un certo punto, ci sta che sbotta. E si mette a dire la sua.
Lo so la mia su questo argomento l’ho già detta più e più volte. Ma mi trovo costretta a ripeterla ancora. Perché c’è proprio chi non vuol sentire e continua imperterrito a infangare un’intera categoria di professionisti. E, peggio ancora, un lavoro di studio e teorie costruito nel tempo chequesti signori qua, vorrebbero buttare nel cesso in quattro e quattr’otto. E allora no, non ci sto.
Ma il titolo del mio articolo parlava di “Cognitivismo vsCondizionamento” quindi tutta questa infinta premessa a che serviva? Forse a niente, se non a ribadire concetti un po’ polemici ma importanti che si riallacciano in fondo all’argomento di questo articolo. Perché se la maggior parte degli addestratoritradizionali lavorano sul condizionamento operante (quello di Skinner per intenderci) quasi tutti i nuovi educatori si affidano invece al cognitivismo. Ed è da qui che nasce la famosa contrapposizione. Solo che, se da una parte, noi si lascia il mondo libero di scegliere e affidarsi alle teorie che si preferiscono, basta che non si fa del male a nessuno, dall’altra se si dice di lavorare in condizionamento si viene accusati e attaccati ovunque di essere arretrati/caproni/ignoranti/indietro e pure cattivi/insensibili. Come mai? Veniamo al sodo.
Il condizionamento operante fu scoperto da Skinner, lo studioso che aveva capito che gli animali, a differenza dell’uomo, non avendo la possibilità di fare ragionamenti elaborati e a distanza, si affidano molto di più alleassociazioni mentali e ai condizionamenti. E’ un semplice discorso di evoluzione mentale in perfetto stile darwiniano e non c’entra niente l’insensibilità. Sennò anche i cani piloterebbero gli aerei e gli elefanti sarebbero in grado di costruire palazzi. Scusate l’ironia ma quando mi viene detto che se non si condivide l’idea che anche gli animali (specie i cani) abbiano doti cognitive elevate molto più di quello che abbiamo sempre pensato e che quindi sono in grado di fare ragionamenti anche complessi, non gestendosi invece con il classico condizionamento operante, si è insensibili, mi viene un po’ da ridere. Primo, perché amo gli animali (i cani soprattutto) in maniera sconfinata e secondo perché sono fortemente convinta che tutti gli animali siano speciali, creature meravigliose da amare e rispettare, in grado di insegnare e dare tanto all’uomo. Ma sono anche abbastanza razionale nel costatare che l’animale ha (chissà forse per sua fortuna) un modo più semplice di ragionare. E’l’esperienza pratica della vita a guidarli, unita all’istinto innato. E’ il sapere già alcune cose perché scritte nel dna e impararne altre con l’esperienza del “se tocco il fuoco mi brucio, meglio non farlo più”. Da qui nasce il condizionamento.
Comunicare con il cane attraverso questo tipo di approccio: associazioni mentali veloci, prove ed errori. Il cane imparerà cosa è giusto e cosa è sbagliato. Saprà scegliere la via corretta, evitando l’errore, il tutto con il fine di condurre una vita serena. Senza fronzoli, senza filosofici giri di parole sull’autocontrollo appreso attraverso il lavoro sulle doti cognitive eccetera eccetera.
Io non voglio prendere in giro tanto meno screditare chi conduce questo tipo di studi. Perché mai mi permetterei di frenare la ricerca intellettuale in qualsiasi ambito questa sia. Ed è bene che ci siano persone che continuino a studiare come funzioni il cervello animale e che senza dubbio scoprono e scopriranno sempre cose nuove e interessanti. E senza dubbio del vero c’è anche nelle teorie del cognitivismo e della zooantropologia. Il problema però è poi l’applicazione reale di queste teorie alla vita quotidiana. All’educazione che dobbiamo impartire ai nostri amati amici a quattro zampe. Io non posso spiegare al cane a parole che qualcosa non si fa. E non posso nemmeno sperare che facendolo lavorare sullo sviluppo e l’esercizio delle sue doti cognitive con lavori che lo stimolino nel tempo, questo impari da solo ad auto controllarsi ed evitare i comportamenti negativi. Semplicemente per il fatto che in natura per loro non funziona così. Io cucciolo faccio male alla mamma? Lei mi ringhierà e darà una sgrullatina veloce per farmi capire che non si fa. Una, due, massimo tre volte, io cucciolo capirò per associazione mentale e condizionamento che rompere le scatole a mamma=sensazione spiacevole=non lo faccio più. Ecco fatto.
A dir la verità non ho letto ancora tantissimo su queste nuove teorie, ma ho letto un po’ e direi per ora abbastanza. Tante belle parole, tanti bei concetti, pochissima concretezza. Esercizi pratici che servono a stimolare il cane e le sue doti mentali, il suo modo di apprendere, piccoli rebus o rompicapo da risolvere. Ok, tutte cose che possono anche essere utili e divertenti sia per noi che per il nostro amico. Esercizi che non fanno male a nessuno per carità, se non fosse però che i problemi dei nostri cani,nella nostra società, a volte vanno risolti alla svelta perché potrebbero essere pericolosi sia per loro che per gli altri. Non è quindi meglio un po’ di bel condizionamento operante veloce e sempre efficace, piuttosto che impegnare un’infinità di tempo nel lavoro dello sviluppo delle doti cognitive con il rischio (in buona parte dei casi) di non riuscire a risolvere il problema concreto, fare un bel pasticcio, causare danni o pericolo e magari finire pure a ripiegare sui farmaci? Non so, a voi la parola.